Questo è un eccellente studio sul ramo sudafricano di un’organizzazione religiosa contemporanea globalizzata, la Chiesa Universale del Regno di Dio (UCKG).
L’autrice dimostra, in pieno, una dedizione ai valori di ricerca fondamentali della sua disciplina. Questa dedizione è tanto più inflessibile e notevole se si considera la sua avversione e il suo disgusto ammesso e del tutto comprensibile per il suo soggetto e i suoi soggetti.
Ecco, apparentemente, una “chiesa africana indipendente” con sede in Brasile che promuove valori e pratiche che contraddicono tutto ciò che pensavamo di aver imparato e che ci aspettavamo da tali movimenti in Africa.
Specificamente, questo apprendimento si è incentrato sul radicamento della pratica rituale e sul credo nella reciprocità sociale tra una rete esclusiva di fedeli. I membri compiono la missione essenziale della religione, che è quella di difendere il sé vulnerabile contro le sconfitte della vita, attraverso una comunione di sostegno reciproco. Materialmente, socialmente, emotivamente e spiritualmente.
In termini semplicistici, le chiese africane sono lì per sancire e promuovere l’ubuntu (umanità). Questo è brevemente codificato nel proverbio:
una persona è una persona attraverso altre persone.
L’antitesi della comunione
L’UCKG in Sudafrica non ha nulla di tutto ciò. Offre invece una comunione di sospetto reciproco e di distanza sociale tra i suoi membri. Essi sono bloccati in battaglie singolari per l’avanzamento materiale e sociale della vita contro una schiera di “demoni”, comandati da Satana. La missione di questi demoni è di investire il credente, corpo e anima, con il male e la sfortuna che impediranno il loro progresso materiale nella loro vita terrena.
Il titolo quasi ossimorico dello studio si riferisce alla mancanza di contatto sociale tra i membri della chiesa, un contatto che servirebbe solo a promuovere il contagio della gelosia nociva e della contaminazione demoniaca.
Per ottenere le loro “benedizioni” del tutto individuali, i congregati dovevano dare regolari e significativi contributi finanziari alla chiesa, il cui scopo era quello di incitare l’Onnipotente a restituire il favore attraverso la buona sorte.
E’ merito dell’autrice se la sua narrazione meticolosamente ricercata e argomentata ha tenuto il mio interesse senza interruzioni. Forse “fascino inorridito” è più accurato qui che “interesse”.
E’ chiaro che, date le difficoltà intrinseche nell’ottenere l’accesso e stabilire un rapporto con i partecipanti a tutti i livelli dell’UCKG, l’autrice ha affrontato sfide scoraggianti al suo progetto di ricerca etnografica. Il fatto che sia rimasta fedele ai suoi obiettivi e che alla fine li abbia raggiunti attraverso risultati così ricchi e un’analisi e un’interpretazione finemente sfumata è un suo enorme merito. L’etnografia, a differenza degli studi sul folklore, non può sempre concentrarsi su persone e pratiche da cui siamo attratti o che ammiriamo. C’è più da capire per gli antropologi di quanto si sogni nella nostra filosofia documentaristica affettuosamente empatica.
Rimangono delle domande
Perché in particolare questa “chiesa di sconosciuti” è fiorita così notevolmente in quello che abbiamo pensato essere l’ambiente profondamente familiare e sociale dei valori che caratterizzano il Sudafrica nero urbano?
Come ha messo radici un’ideologia inversa o anti-ubuntu così radicata nella pratica materiale magica?
Questa religione ha un senso o una definizione ampiamente condivisa?
Perché i seguaci dell’UCKG hanno rinunciato alla speranza nelle “benedizioni” delle relazioni sociali e dello scambio?
Come sono arrivati a credere che solo attraverso la “corruzione” di Dio (riecheggiando le “indulgenze” acquistate del tardo medioevo cattolico?), e una solitaria, spaventosa lotta contro “demoni” da incubo che abitano il loro stesso essere, può essere assicurata la fortuna materiale?
Queste domande tormentano il lettore, che scopre che, per quanto grande sia la fede nel potere dei lavoratori neri di guarire le antistrutture dei sentimenti che il passato ha inculcato, il Sudafrica rimane un altro paese.
Una Chiesa di Stranieri: La Chiesa Universale del Regno di Dio in Sudafrica, di Ilana van Wyk. Johannesburg: Wits University Press, 2015, 280 pp.
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