Significato dello studio

Le polineuropatie periferiche sono comuni e si ritiene che colpiscano fino al 9% della popolazione statunitense di età superiore ai 50 anni. Queste neuropatie possono svilupparsi dalla compressione diretta dei nervi periferici, da lesioni tossiche o metaboliche al tessuto nervoso, da attacchi autoimmuni o da carenze nutrizionali. Nessuna causa viene identificata in circa il 30% dei pazienti. La fisiopatologia delle polineuropatie è complessa e non completamente compresa, ma si verificano 3 modelli comuni di danno: (1) assonopatia distale, dove i corpi cellulari rimangono intatti, ma gli assoni degenerano da distale a prossimale, di solito come risultato di un danno tossico o metabolico; (2) neuropatia da demielinizzazione, dove il danno alla guaina mielinica da cause autoimmuni, infettive o altro interrompe la segnalazione elettrica; e (3) ganglionopatie, dove il danno si verifica al corpo cellulare o neurone, un evento relativamente raro.

Mentre la debolezza e la perdita di sensibilità sono comuni in molte polineuropatie periferiche, i sintomi di “guadagno di funzione”, come le parestesie e l’allodinia, sono i più penosi e sono molto difficili da trattare. Si ritiene che questi sintomi siano causati da alterazioni dei canali ionici, alterazioni dei neurotrasmettitori e dei loro recettori, e alterazione dell’espressione genica. I trattamenti convenzionali comuni includono antiepilettici, antidepressivi, FANS e narcotici. Questi farmaci alterano i canali ionici e i neurotrasmettitori, diminuiscono la sensibilità dei recettori nocicettivi e desensibilizzano le fibre C. La maggior parte dei pazienti assume più di 1 di questi farmaci, ma, anche con la polifarmacia e il dosaggio ottimale, solo il 40%-60% dei pazienti riporta un parziale sollievo dei sintomi, e molti hanno effetti avversi significativi, come sonnolenza, costipazione e dipendenza dai farmaci.