Domenica scorsa, Uzo Aduba ha ritirato il suo Emmy per il suo ruolo di Shirley Chisholm nella serie FX Mrs. La performance di Aduba è stata una parte importante di ciò che ha fatto eccellere lo show, insieme al lavoro di Niecy Nash, Ari Graynor, e Bria Henderson come femministe famose anche se meno conosciute, e ora un’ondata di altri show e film ambientati nel mondo del movimento femminista degli anni 70 sta colpendo il piccolo schermo.

La commedia-dramma britannica Misbehaviour, diretta da Philippa Lowthorpe, segue il tentativo di un gruppo di attiviste femministe di rovesciare il concorso di Miss Mondo del 1970 e l’incoronazione della prima donna nera come Miss Mondo. Keira Knightley, Gugu Mbatha-Raw e Jessie Buckley sono le protagoniste (insieme a uno stellare cameo di Greg Kinnear nel ruolo di Bob Hope), e il film fa un discreto lavoro nel piegare la narrazione del personaggio della Mbatha-Raw, Jennifer Hosten, alias Miss Grenada, in un pezzo più grande su un’epoca di femminismo mainstream che non sempre ha incluso le prospettive delle donne di colore.

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Un’altra opera d’epoca degli anni ’70 uscita di recente, I Am Woman, segue la vita della cantante Helen Reddy mentre si trasferisce negli Stati Uniti e intraprende la carriera di cantante.Ultimo ma non meno importante, un biopic su Gloria Steinem della regista Julie Taymor ha debuttato di recente; non ha ottenuto recensioni straordinarie, con Adrian Horton del Guardian che lo ha definito “ovvio e stucchevole mentre cambia selvaggiamente di tono”, ma il film serve come un altro esempio del recente fascino del femminismo degli anni ’70 sullo schermo. Allora, di cosa si tratta esattamente?

A un certo livello, la risposta è ovvia: dopo anni di reincarnazioni cinematografiche alla Mad Men di un mondo maschile degli anni ’50, è naturale che la lotta per la liberazione delle donne (o “women’s lib”, come i presentatori maschi tendevano a liquidarla con scherno) generi un’ondata di rappresentazione sullo schermo. Hollywood è notoriamente incline alle tendenze, dopo tutto, e una volta che emerge un tema vincente, è probabile che i dirigenti raddoppino. (Ricordate quel periodo di anni in cui tutto riguardava i fratelli Apatown dei primi anni ’80?)

Un’altra possibile risposta, però, è più complicata. Il femminismo dell’era 2020 sta diventando più sfumato e complesso, con figure una volta celebrate come J.K. Rowling che falliscono miseramente sui diritti delle trans e le donne di colore che sottolineano – non per la prima volta – quanto il movimento femminista mainstream e le sue eroine principali le abbiano escluse. È possibile che questi film e queste serie esistano in parte per ricordare un tempo in cui la nozione di “femminista” era più limitata, più monolitica e, quindi, più facile da digerire?

Alcuni dei lavori degli anni ’70 che sono emersi ultimamente, come Mrs. America e Misbehaviour, tentano di espiare i peccati femministi bianchi ed etero del passato dando una dimensione reale ai loro personaggi più emarginati, riprendendo i fili della discordia identitaria che sono stati storicamente oscurati. (Fu Betty Friedan, presidente della National Organization for Women, a coniare il termine denigratorio “la minaccia lavanda” per descrivere ciò che percepiva come la minaccia lesbica al movimento delle donne)

In Mrs. America, Shirley Chisholm è una persona a tutti gli effetti, non solo una figura politica trasformativa, anche se spesso dimenticata, e le donne queer sono presentate come persone reali, non come spine nel fianco del movimento; allo stesso modo, Misbehaviour si concentra sulla reale esperienza di Jennifer Hosten, la prima donna nera a diventare Miss Mondo. Forse questa recente ondata di film incentrati sul femminismo degli anni Settanta può servire come un addio a tutto questo, un addio non così triste ai giorni in cui il femminismo era definito da, e per, donne bianche etero e cisgender. O forse l’ascesa della Karen dimostra il contrario; forse questa sovrabbondanza di film e spettacoli televisivi serve come un oscuro correttivo, aiutando a illustrare quanto lontano non siamo arrivati.