I 13 parlements (quello di Parigi è di gran lunga il più importante) erano per loro origine tribunali. Anche se i loro apologeti sostenevano nel 1732 che i parlamenti erano emersi dall’antico judicium Francorum delle tribù franche, in realtà erano stati creati dal re nel Medioevo per dispensare giustizia in suo nome. Con l’atrofia degli Estati Generali, che non si erano più riuniti dal 1614, i parlamenti pretendevano ora di rappresentare gli Estati quando questi non erano in sessione. Nel 1752 un parlementaire giansenista, Louis-Adrien Le Paige, sviluppò l’idea che i vari parlamenti dovessero essere pensati come “classi” o parti di un più grande e unico “Parlement de France”

Questa era una rivendicazione politicamente significativa perché queste corti avevano assunto molte altre funzioni quasi amministrative che erano legate alla carità, all’educazione, alla supervisione della polizia, e anche alla disciplina ecclesiastica. I decreti reali non erano vincolanti, sostenevano i parlementaires, a meno che i parlamenti non li avessero registrati come leggi. Sebbene i parlementaires ammettessero che il re avrebbe potuto costringerli a registrare i suoi decreti inscenando una lit-de-justice (cioè apparendo di persona alla loro sessione), essi sapevano anche che il pubblico deplorava tali manovre, che andavano palesemente contro la presunta sollecitudine cristiana e paternalista del monarca per il benessere dei suoi sudditi.

Vari sviluppi sociali, culturali e istituzionali erano serviti a trasformare i parlamenti in roccaforti di resistenza alle riforme che aumentavano il potere della corona. Dal XVII secolo il bisogno di denaro della monarchia e la conseguente venalità delle cariche aveva permesso ai parlementaires di acquistare le loro posizioni e di diventare una piccola e consapevole élite, una nuova “nobiltà di toga”. Nel 1604 la creazione della tassa sulla paulette aveva permesso ai parlementaires di rendere le loro cariche parte del loro patrimonio familiare, anche se il valore delle loro cariche è diminuito un po’ nel corso del XVIII secolo. Avevano acquisito lo status incrociandosi con la vecchia nobiltà cavalleresca della spada. Nel 1700 i parlementaires erano diventati un’élite ereditaria e ricca di proprietari terrieri. (L’interregno della reggenza dopo la morte di Luigi XIV (1715-23) aveva dato loro la possibilità di riconquistare un po’ del terreno che avevano perso durante il regno di Luigi; il valore dei loro uffici, tuttavia, scese di nuovo un po’ nel corso del XVIII secolo. L’orientamento giansenista dei parlementaires e la loro recente adesione all’antiassolutismo – espressa nell’opera di Montesquieu, egli stesso barone e parlementaire – diedero a questa élite coerenza ideologica.

Nel 1764 i parlementaires giansenisti, come “progressisti” ideologici, assicurarono l’espulsione dei Gesuiti dalla Francia. Incidenti come la condanna a morte emessa dal Parlamento di Parigi nel 1766 contro il diciottenne chevalier de la Barre, accusato di aver mutilato un crocifisso e di possedere una copia del Dictionnaire philosophique di Voltaire (1764; Dizionario filosofico), mostrarono, tuttavia, che i tribunali non erano completamente dalla parte dell’Illuminismo. Nel 1768-69 il Parlamento di Bretagna, in una posizione anti-assolutista, forzò le dimissioni di un funzionario reale nominato, il duc d’Aiguillon, che aveva coraggiosamente cercato di limitare il potere della nobiltà locale, con cui il Parlamento era ora in stretta alleanza.