Nel sostenere che la Costituzione favorisse la libertà rispetto alla schiavitù, i nordisti antischiavisti interpretarono e analizzarono ogni sua parte nel modo più fantasioso possibile, cercando di ridurre gli argomenti a favore della schiavitù e allo stesso tempo sottolineando ogni disposizione e ogni clausola che poteva essere usata a favore della libertà. Il Congresso, dicevano, aveva l’unica autorità costituzionale per proibire la schiavitù nei territori e, anzi, aveva l’obbligo di farlo. Poteva anche sopprimere il commercio di schiavi sulla costa e abolire la schiavitù nel Distretto di Columbia. Essi sostenevano che molte parti della Costituzione lavoravano contro la schiavitù. Il Quinto Emendamento, per esempio, dichiarava che nessuna persona poteva essere privata della libertà senza un giusto processo, cosa che gli oppositori nordisti della schiavitù potevano usare per bloccare l’applicazione dei Fugitive Slave Acts. Essi sottolineavano che il preambolo della Costituzione garantiva al governo federale il potere di “assicurare le benedizioni della libertà” e che il Quarto Emendamento garantiva il diritto delle persone ad essere al sicuro da sequestri irragionevoli. Gli antischiavisti del Nord sostenevano che i privilegi e le immunità dei cittadini nell’articolo IV, sezione 2, derivavano dalla Costituzione federale, non dalle costituzioni degli stati, e quindi i cittadini neri degli stati del Nord avevano il diritto costituzionale di muoversi liberamente da uno stato all’altro. Invocarono persino i poteri di guerra del Congresso e la garanzia federale di una forma repubblicana di governo ad ogni stato nell’articolo IV, sezione 4, per minacciare la schiavitù negli stati. Se gli Stati schiavisti si fossero mai secessi, avvertivano i nordisti antischiavisti, avrebbero perso i loro diritti costituzionali, e gli Stati liberi non sarebbero più stati obbligati a far rispettare la clausola dello schiavo fuggitivo.
Gradamente i sostenitori antischiavisti accumularono una varietà di protezioni testuali per la libertà e le limitazioni alla schiavitù. Poi cominciarono a muoversi oltre il testo della Costituzione per invocare il suo spirito, che, dicevano, derivava principalmente dalla Dichiarazione d’Indipendenza e dalla sua ispirata dedizione all’uguaglianza. Negli anni 1850 i nordisti antischiavisti avevano costruito un potente caso di costituzionalismo antischiavista. Avevano creato una “Costituzione che rendeva la libertà la regola e la schiavitù l’eccezione”
Il Partito Repubblicano divenne l’incarnazione politica di questo costituzionalismo antischiavista, con Abraham Lincoln il suo portavoce più eloquente. I proprietari di schiavi del Sud erano così spaventati da Lincoln e dai repubblicani che semplicemente la sua elezione a presidente nel novembre 1860 fece precipitare l’immediata secessione di molti stati schiavisti. Entro il 1 febbraio 1861, ancora prima che Lincoln entrasse in carica a marzo, sette stati avevano formato la Confederazione. Altri quattro si unirono tra aprile e giugno 1861.
Lincoln odiava la schiavitù tanto quanto qualsiasi abolizionista, ma come politico ambizioso e sensibile in una società radicalmente democratica non poteva ignorare i sentimenti dei diversi costituenti della società del Nord. Credeva nella legge e nell’ordine e nella Costituzione; e così, a causa dell’ambiguità della Costituzione, dovette farsi strada lungo un “sentiero tortuoso” per raggiungere l’estinzione definitiva della schiavitù che voleva. Nonostante tutti i passi indietro e le strade tortuose che Lincoln e il suo partito seguirono, tuttavia, non abbandonarono mai i principi centrali del costituzionalismo antischiavista che si era sviluppato nel mezzo secolo precedente.
Nel corso di tutte le sue svolte Lincoln mantenne ferma la sua convinzione che lo spirito guida della Costituzione fosse il principio di uguaglianza umana fondamentale proclamato nella Dichiarazione di Indipendenza. Di conseguenza, scrive Oakes, “divenne più difficile per Lincoln distinguere la sua opposizione alla schiavitù dal suo impegno di base per l’uguaglianza fondamentale dei bianchi e dei neri”. Poiché si rese conto che la discriminazione razziale era in realtà un mezzo per sostenere la schiavitù, si spostò verso una posizione di vera uguaglianza razziale. Alla fine, osserva Oakes, “Lincoln divenne il primo presidente ad appoggiare pubblicamente il diritto di voto per i neri”.
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