Nei primi anni venti Ralph H. Fowler (in collaborazione con Charles Galton Darwin) sviluppò un nuovo metodo di meccanica statistica che permetteva un calcolo sistematico delle proprietà di equilibrio della materia. Lo usò per fornire una derivazione rigorosa della formula di ionizzazione che Saha aveva ottenuto, estendendo alla ionizzazione degli atomi il teorema di Jacobus Henricus van ‘t Hoff, usato in chimica fisica per la sua applicazione alla dissociazione molecolare. Inoltre, un miglioramento significativo nell’equazione di Saha introdotto da Fowler fu quello di includere l’effetto degli stati eccitati di atomi e ioni. Un ulteriore importante passo avanti avvenne nel 1923, quando Edward Arthur Milne e R.H. Fowler pubblicarono un articolo nelle Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, dimostrando che il criterio della massima intensità delle linee di assorbimento (appartenenti a serie subordinate di un atomo neutro) era molto più fruttuoso nel dare informazioni sui parametri fisici delle atmosfere stellari rispetto al criterio impiegato da Saha che consisteva nella comparsa o scomparsa marginale delle linee di assorbimento. Quest’ultimo criterio richiede una certa conoscenza delle pressioni rilevanti nelle atmosfere stellari, e Saha seguendo l’opinione generalmente accettata all’epoca assunse un valore dell’ordine di 1 a 0,1 atmosfera. Milne scrisse:
Saha si era concentrato sulle apparizioni e scomparse marginali delle linee di assorbimento nella sequenza stellare, assumendo un ordine di grandezza per la pressione in un’atmosfera stellare e calcolando la temperatura in cui l’aumento della ionizzazione, per esempio, inibiva l’ulteriore assorbimento della linea in questione a causa della perdita dell’elettrone serie. Mentre Fowler ed io stavamo un giorno girando per le mie stanze al Trinity e discutendo di questo, improvvisamente mi venne in mente che l’intensità massima delle linee di Balmer dell’idrogeno, per esempio, era facilmente spiegata dalla considerazione che alle temperature più basse c’erano troppo pochi atomi eccitati per dare un assorbimento apprezzabile, mentre alle temperature più alte ci sono troppo pochi atomi neutri rimasti per dare qualsiasi assorbimento. Quella sera feci un rapido calcolo dell’ordine di grandezza dell’effetto e trovai che per concordare con una temperatura di 10000° per le stelle di tipo A0, dove le linee di Balmer hanno il loro massimo, era necessaria una pressione dell’ordine di 10-4 atmosfere. Questo era molto eccitante, perché le determinazioni standard delle pressioni nelle atmosfere stellari dagli spostamenti delle linee e dalle larghezze delle linee erano state supposte indicare una pressione dell’ordine di un’atmosfera o più, e io avevo cominciato per altri motivi a non crederci.
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