Chi si definisce ‘musulmano’ raramente capisce il significato di questa parola araba. Tradotto in inglese, ‘Muslim’ significa letteralmente ‘Sottomissione’. Un ‘musulmano’ è una persona la cui ‘Sottomissione’ agli editti rivelati a Mosè nella Torah, a Davide nei Salmi, a Gesù nei Vangeli e a Maometto nel Corano, è un articolo importante della sua fede:
Di’: Noi crediamo in Allah e in quello che è stato fatto scendere su di noi e in quello che è stato fatto scendere su Abramo, Ismaele, Isacco, Giacobbe e sulla progenie dei dodici figli di Giacobbe, in quello che è stato dato a Mosè e a Gesù e in quello che è stato dato ai Profeti da parte del loro Signore. Non facciamo distinzione tra nessuno di loro, e a Lui ci siamo sottomessi” (Corano 2:136).

Essere “musulmano” non è un privilegio esteso esclusivamente agli arabi o alle persone di lingua araba. È il rifugio dei pii; come già praticato dalle persone di fede ebraica, cristiana e islamica:
“In verità, coloro che credono e coloro che sono ebrei e cristiani e sabiani, chiunque crede in Allah e nell’Ultimo Giorno e compie buone azioni giuste avrà la sua ricompensa presso il suo Signore, su di loro non ci sarà timore, né si affliggeranno” (Corano 2:62).

Tutte le fedi abramitiche tendono verso una struttura simile in termini di credenze e pratiche. Un ‘musulmano’ osservante non dovrebbe, quindi, sentire alcuna antipatia verso nessuna delle fedi abramitiche:
‘E se non fosse che Allah trattiene l’umanità attraverso l’atto di alcuni che si oppongono ad altri, verrebbero abbattuti monasteri, chiese, sinagoghe e moschee in cui il nome di Allah è menzionato a grande profusione’ (Corano 22:40).

Non è ora che noi musulmani studiamo il Corano e riflettiamo sui suoi insegnamenti, in modo da non basarci interamente su ciò che i nostri ‘Mullah’ ci predicano?

Husein Moloobhoy è il direttore dell’Islamic Thought Research Initiative e un Fellow del Muslim Institute. Questo blog è il secondo di una serie di post settimanali.