Robert Frost ha il dubbio onore di essere conosciuto in tutto il mondo come il poeta di un cliché da prendere al volo. La sua poesia “The Road Not Taken” (letta da Frost qui sopra) appare su tazze da caffè, poster motivazionali autunnali, firme di e-mail ottimistiche, e in pubblicità e spettacoli televisivi, tutti intesi a ispirare un processo decisionale sicuro in tempi incerti: involontariamente ironici, appelli populisti a divergere dal gregge.

Se questa è l’eredità di Frost nella cultura generale, è un destino che molti poeti non vorrebbero al loro più acerrimo rivale. L’interpretazione tipica di questa poesia è uno sfortunato travisamento dell’opera di Frost in generale. Infatti, “The Road Not Taken” potrebbe essere “la poesia più fraintesa d’America”, come sostiene David Orr alla Paris Review.

La poesia di Frost spesso non ispira fiducia o motivazione, ma piuttosto dubbio, riflessione scomoda, paura e a volte una sorta di timore spaventoso. Come Faulkner ai suoi tempi, Frost è stato, ed è ancora, scambiato per un pittoresco e colorato regionalista. Ma piuttosto che un poeta della semplicità popolare del New England, è un poeta dello scetticismo del New England e di una sorta di sublime dalla testa dura. Chiunque legga attentamente “The Road Not Taken”, per esempio, noterà il tono ambiguo dell’oratore nella strofa finale e le tre righe finali, spesso citate come un trionfale dénouement.

Lo racconterò con un sospiro
Da qualche parte tra secoli e secoli:
Due strade divergevano in un bosco, e io-
ho preso quella meno battuta,
e questo ha fatto la differenza.

Il viaggiatore non ci dice quale “differenza” avrà fatto la scelta, né perché dovrebbe raccontare di questo incrocio “tra secoli e secoli… con un sospiro.” Implicito in questi versi, comunque, è almeno il suggerimento di un inevitabile rimpianto futuro, e un fare i conti con un destino irrevocabile. Il verso precedente, “Oh, ho tenuto il primo per un altro giorno!” suona più come un’esclamazione di rancore che la celebrazione di una scelta ben fatta.

E come Orr fa notare, l’incontro iniziale dell’oratore gli presenta due strade che “ugualmente giacciono / nelle foglie”; le due strade sono ugualmente percorse – o non percorse, a seconda dei casi – e il viaggiatore ne sceglie una arbitrariamente. In queste righe finali, egli annuncia la sua intenzione di raccontare una storia diversa, forse autocelebrativa della sua decisione. “La poesia non è un saluto all’individualismo can-do”, scrive Orr, “è un commento sull’auto-inganno che pratichiamo quando costruiamo la storia della nostra vita.”

Si possono sentire note ancora più oscure in un’altra famosa poesia, “Mending Wall”, in cui un “Qualcosa” senza nome e senza sentimenti fa il suo lavoro per smantellare i migliori sforzi dell’oratore, e tutto il lavoro umano in generale. È un tema in gran parte della poesia di Frost che può, se pienamente apprezzato, ispirare un terrore potente come quello nel più barocco e florido dei racconti strani di H.P. Lovecraft. Frost ha sviluppato presto il suo tema dell’indifferenza cosmica, in “Stars”, dalla sua prima raccolta pubblicata, A Boy’s Will. Introduce la poesia nell’indice con questa succinta descrizione: “Non c’è supervisione negli affari umani”, un’affermazione concreta che a malapena ci prepara per le immagini snervanti che seguiranno:

Come si riuniscono innumerevoli
sulla nostra neve tumultuosa,
che scorre in forme alte come alberi
quando soffiano venti invernali!-

Come se con acutezza per il nostro destino,
I nostri pochi passi vacillanti verso
il bianco riposo, e un luogo di riposo
Invisibile all’alba,-

E tuttavia senza amore né odio,
quelle stelle come alcuni occhi di marmo bianco di neve
di Minerva
senza il dono della vista.

In tre brevi e devastanti strofe, Frost sminuisce le antiche e confortanti pretese sulla benevolenza senziente delle stelle (o degli dei), con immagini e dizione che ricordano il tetro lamento di Thomas Hardy “In Tenebris” e anticipano l’impersonale e agghiacciante “The Snow Man” di Wallace Stevens. La neve e il ghiaccio nelle poesie di Frost non sono parte del bel paesaggio, ma figure metonimiche dell’oblio.

In breve, il vecchio e gentile Robert Frost che pensiamo di conoscere dalla banale lettura errata di “The Road Not Taken” non è affatto il poeta Robert Frost. Frost è un personaggio pungente, stimolante, persino un po’ subdolo, i cui versi piacevolmente musicali e le pittoresche immagini pastorali attirano i lettori in poesie che nascondono atteggiamenti molto meno allegri di quanto si aspettino di trovare, e idee molto più complesse e mature. Il giovane Frost una volta si descrisse come “non disegna”, e nel suo successivo saggio del 1939 “The Figure a Poem Makes”, dichiarò notoriamente che una poesia “inizia in delizia e finisce in saggezza.”

Nelle due playlist di Spotify qui sopra (scaricate il software gratuito di Spotify qui), potete ascoltare Frost leggere alcune delle sue poesie più famose, tra cui “The Road Not Taken”, “Mending Wall”, “Nothing Gold Can Stay”, “After Apple Picking”, “Death of a Hired Man” e molte altre. Non rappresentate qui, sfortunatamente, sono le poesie dal meraviglioso debutto A Boy’s Will, ma potete leggere l’intera collezione online qui, e dovreste farlo. Imparate a conoscere il vero Frost, se non l’avete già fatto, e apprezzerete ancora di più il motivo per cui è uno dei poeti più celebrati nel canone americano.

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Josh Jones è uno scrittore e musicista di Durham, NC. Seguilo su @jdmagness